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Canto XIX Inferno

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Riassunto

Il canto diciannovesimo dell'Inferno di Dante Alighieri si svolge nella terza bolgia dell'ottavo cerchio, ove sono puniti i simoniaci; siamo nel mattino del 9 aprile 1300 (Sabato Santo), o secondo altri commentatori del 26 marzo 1300.

Vi è una struttura lineare divisa in sequenze. Il canto si svolge in un clima di sdegno. Nonostante Niccolò III sia sempre presente vede come vero protagonista Dante. Tema: potere temporale della chiesa. Alla fine tutte queste idee confluiranno nel De Monarchia. Luogo: pietra livida dove si aprono pozzi circolari.

Parafrasi

O Simon mago, o miseri seguaci,
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci
O mago Simone, o suoi sciagurati seguaci, che gli uffici sacri, che devono essere uniti alla bontà (dati e ricevuti da chi è buono), voi avidamente
 
      per oro e per argento avolterate,
      or convien che per voi suoni la tromba,
      però che ne la terza bolgia state.
prostituite per denaro; è giusto che adesso sia proclamata la vostra condanna, poiché vi trovate nella terza bolgia.
   

Già eravamo, a la seguente tomba,
montati de lo scoglio in quella parte
ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.

Già eravamo saliti, nella bolgia seguente, su quel tratto del ponte che sovrasta perpendicolarmente proprio la parte mediana della bolgia.
 
O somma sapienza, quanta è l'arte
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtù comparte!
O sapienza infinita, quanta forza creativa dimostri in cielo, in terra e nell’inferno, e con quanta giustizia il tuo potere distribuisce premi e castighi!
   
Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fóri,
d'un largo tutti e ciascun era tondo.
Notai sulle pareti e sul fondo la roccia scura piena di buchi, tutti della stessa ampiezza e tutti circolari.
   
Non mi parean men ampi né maggiori
che que' che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco d'i battezzatori;
Non mi sembravano meno larghi né più ampi di quelli che si trovano nel Battistero di San Gìovanni, creati perché in essi prendessero posto coloro che somministravano il battesimo;
   

l'un de li quali, ancor non è molt'anni,
rupp'io per un che dentro v'annegava:
e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni.

Parafrasi:
   

Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
d'un peccator li piedi e de le gambe
infino al grosso, e l'altro dentro stava.

Parafrasi:
   

Le piante erano a tutti accese intrambe;
per che sì forte guizzavan le giunte,
che spezzate averien ritorte e strambe.

Parafrasi:
   

Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
muoversi pur su per la strema buccia,
tal era lì dai calcagni a le punte.

Parafrasi:
   

«Chi è colui, maestro, che si cruccia
guizzando più che li altri suoi consorti»,
diss'io, «e cui più roggia fiamma succia?».

Parafrasi:
   

Ed elli a me: «Se tu vuo' ch'i' ti porti
là giù per quella ripa che più giace,
da lui saprai di sé e de' suoi torti».

Parafrasi:
   

E io: «Tanto m'è bel, quanto a te piace:
tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto
dal tuo volere, e sai quel che si tace».

Parafrasi:
   

Allor venimmo in su l'argine quarto:
volgemmo e discendemmo a mano stanca
là giù nel fondo foracchiato e arto.

Parafrasi:
   

Lo buon maestro ancor de la sua anca
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
di quel che si piangeva con la zanca.

Parafrasi:
   

«O qual che se' che 'l di sù tien di sotto,
anima trista come pal commessa»,
comincia' io a dir, «se puoi, fa motto».

Parafrasi:
   

Io stava come 'l frate che confessa
lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,
richiama lui, per che la morte cessa.

Parafrasi:
   

Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto,
se' tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.

Parafrasi:
   

Se' tu sì tosto di quell'aver sazio
per lo qual non temesti tòrre a 'nganno
la bella donna, e poi di farne strazio?».

Parafrasi:
   

Tal mi fec'io, quai son color che stanno,
per non intender ciò ch'è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.

Parafrasi:
   

Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
"Non son colui, non son colui che credi"»;
e io rispuosi come a me fu imposto.

Parafrasi:
   

Per che lo spirto tutti storse i piedi;
poi, sospirando e con voce di pianto,
mi disse: «Dunque che a me richiedi?

Parafrasi:
   

Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch'i' fui vestito del gran manto;

Parafrasi:
   

e veramente fui figliuol de l'orsa,
cupido sì per avanzar li orsatti,
che sù l'avere e qui me misi in borsa.

Parafrasi:
   

Di sotto al capo mio son li altri tratti
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure de la pietra piatti.

Parafrasi:
   

Là giù cascherò io altresì quando
verrà colui ch'i' credea che tu fossi
allor ch'i' feci 'l sùbito dimando.

Parafrasi:
   

Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi
e ch'i' son stato così sottosopra,
ch'el non starà piantato coi piè rossi:

Parafrasi:
   

ché dopo lui verrà di più laida opra
di ver' ponente, un pastor sanza legge,
tal che convien che lui e me ricuopra.

Parafrasi:
   

Novo Iasón sarà, di cui si legge
ne' Maccabei; e come a quel fu molle
suo re, così fia lui chi Francia regge».

Parafrasi:
   

Io non so s'i' mi fui qui troppo folle,
ch'i' pur rispuosi lui a questo metro:
«Deh, or mi dì : quanto tesoro volle

Parafrasi:
   

Nostro Segnore in prima da san Pietro
ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa?
Certo non chiese se non "Viemmi retro".

Parafrasi:
 

Né Pier né li altri tolsero a Matia
oro od argento, quando fu sortito
al loco che perdé l'anima ria.

Parafrasi:
   

Però ti sta, ché tu se' ben punito;
e guarda ben la mal tolta moneta
ch'esser ti fece contra Carlo ardito.

Parafrasi:
   

E se non fosse ch'ancor lo mi vieta
la reverenza delle somme chiavi
che tu tenesti ne la vita lieta,

Parafrasi:
   

io userei parole ancor più gravi;
ché la vostra avarizia il mondo attrista,
calcando i buoni e sollevando i pravi.

Parafrasi:
   

Di voi pastor s'accorse il Vangelista,
quando colei che siede sopra l'acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista;

Parafrasi:
   

quella che con le sette teste nacque,
e da le diece corna ebbe argomento,
fin che virtute al suo marito piacque.

Parafrasi:
   

Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento;
e che altro è da voi a l'idolatre,
se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?

Parafrasi:
   

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!».

Parafrasi:
   

E mentr'io li cantava cotai note,
o ira o coscienza che 'l mordesse,
forte spingava con ambo le piote.

Parafrasi:
   

I' credo ben ch'al mio duca piacesse,
con sì contenta labbia sempre attese
lo suon de le parole vere espresse.

Parafrasi:
 

Né si stancò d'avermi a sé distretto,
sì men portò sovra 'l colmo de l'arco
che dal quarto al quinto argine è tragetto.

Parafrasi:
 

Quivi soavemente spuose il carco,
soave per lo scoglio sconcio ed erto
che sarebbe a le capre duro varco.

Parafrasi:
 
Indi un altro vallon mi fu scoperto.
 

Commento

Il Canto è interamente dedicato alla III Bolgia, che punisce insieme a Simon mago tutti coloro che hanno commesso simonia ovvero hanno fatto commercio delle cose sacre. I simoniaci sono conficcati a testa in giù entro buche circolari dalle quali emergono solo le gambe, mentre sottili fiammelle lambiscono loro le piante dei piedi e provocano dolore: non è chiaro se fra di essi ci siano solo gli ecclesiastici o anche i laici che si diedero a questo turpe mercato col clero, mentre il contrappasso si riferisce probabilmente allo Spirito Santo che nell'episodio degli Atti degli Apostoli scese dall'alto in forma di fiamma (Simon mago aveva cercato di acquistare il potere di dispensarlo con le mani).

Protagonista dell'episodio è un papa simoniaco, Niccolò III, che appartenne alla nobile famiglia romana degli Orsini e che sembra soffrire più degli altri dannati la pena cui è sottoposto. Il dialogo fra lui e Dante, che scende nel fondo della Bolgia per parlargli, avviene in un forte contesto comico-realistico: Dante paragona se stesso a un frate che confessa un assassino prima dell'esecuzione, con un grottesco rovesciamento dei ruoli (i sicari nel Medioevo venivano messi a testa in giù in una buca poi riempita di sabbia che li soffocava). Non meno paradossale l'equivoco in cui cade il papa, che scambia Dante per Bonifacio VIII venuto a prendere il suo posto nella buca e a spingerlo di sotto: il dannato sa che la morte di Bonifacio avverrà nel 1303, quindi è stupito di vederlo all'Inferno nella primavera del 1300, con tre anni di anticipo. L'equivoco è un espediente che consente a Dante di profetizzare la dannazione di papa Caetani, proprio come farà più avanti con Clemente V.

 DANTE ALIGHIERI
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