Riassunto |
Il canto secondo del Purgatorio di Dante Alighieri si svolge sulla spiaggia ai piedi della montagna del Purgatorio, dove arrivano le anime per iniziare la propria espiazione; siamo all'alba del 10 aprile 1300 (Pasqua), o secondo altri commentatori del 27 marzo 1300.
Il Canto è strutturalmente diviso in due parti, che corrispondono all'arrivo dell'angelo nocchiero con la barca dei penitenti e all'incontro col musico Casella, che si conclude col rimprovero di Catone che, come si vedrà, non è privo di significato allegorico. |
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Parafrasi |
Già era ‘l sole a l’orizzonte giunto lo cui meridian cerchio coverchia Ierusalèm col suo più alto punto; |
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Il sole era già arrivato sull'orizzonte il cui meridiano sovrasta Gerusalemme col suo punto più alto; |
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e la notte, che opposita a lui cerchia, uscia di Gange fuor con le Bilance, che le caggion di man quando soverchia; |
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sì che le bianche e le vermiglie guance, là dov’i’ era, de la bella Aurora per troppa etate divenivan rance. |
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Noi eravam lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino, che va col cuore e col corpo dimora. |
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Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino, per li grossi vapor Marte rosseggia giù nel ponente sovra ‘l suol marino, |
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cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, un lume per lo mar venir sì ratto, che ‘l muover suo nessun volar pareggia. |
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Dal qual com’io un poco ebbi ritratto l’occhio per domandar lo duca mio, rividil più lucente e maggior fatto. |
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Poi d’ogne lato ad esso m’appario un non sapeva che bianco, e di sotto a poco a poco un altro a lui uscio. |
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Lo mio maestro ancor non facea motto, mentre che i primi bianchi apparver ali; allor che ben conobbe il galeotto, |
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gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali. Ecco l’angel di Dio: piega le mani; omai vedrai di sì fatti officiali. |
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Vedi che sdegna li argomenti umani, sì che remo non vuol, né altro velo che l’ali sue, tra liti sì lontani. |
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Vedi come l’ha dritte verso ‘l cielo, trattando l’aere con l’etterne penne, che non si mutan come mortal pelo». |
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Poi, come più e più verso noi venne l’uccel divino, più chiaro appariva: per che l’occhio da presso nol sostenne, |
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ma chinail giuso; e quei sen venne a riva con un vasello snelletto e leggero, tanto che l’acqua nulla ne ‘nghiottiva. |
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Da poppa stava il celestial nocchiero, tal che faria beato pur descripto; e più di cento spirti entro sediero. |
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In exitu Israel de Aegypto cantavan tutti insieme ad una voce con quanto di quel salmo è poscia scripto. |
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Poi fece il segno lor di santa croce; ond’ei si gittar tutti in su la piaggia; ed el sen gì, come venne, veloce. |
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La turba che rimase lì, selvaggia parea del loco, rimirando intorno come colui che nove cose assaggia. |
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Da tutte parti saettava il giorno lo sol, ch’avea con le saette conte di mezzo ‘l ciel cacciato Capricorno, |
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quando la nova gente alzò la fronte ver’ noi, dicendo a noi: «Se voi sapete, mostratene la via di gire al monte». |
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E Virgilio rispuose: «Voi credete forse che siamo esperti d’esto loco; ma noi siam peregrin come voi siete. |
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Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco, per altra via, che fu sì aspra e forte, che lo salire omai ne parrà gioco». |
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L’anime, che si fuor di me accorte, per lo spirare, ch’i’ era ancor vivo, maravigliando diventaro smorte. |
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E come a messagger che porta ulivo tragge la gente per udir novelle, e di calcar nessun si mostra schivo, |
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così al viso mio s’affisar quelle anime fortunate tutte quante, quasi obliando d’ire a farsi belle. |
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Io vidi una di lor trarresi avante per abbracciarmi con sì grande affetto, che mosse me a far lo somigliante. |
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Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto! tre volte dietro a lei le mani avvinsi, e tante mi tornai con esse al petto. |
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Di maraviglia, credo, mi dipinsi; per che l’ombra sorrise e si ritrasse, e io, seguendo lei, oltre mi pinsi. |
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Soavemente disse ch’io posasse; allor conobbi chi era, e pregai che, per parlarmi, un poco s’arrestasse. |
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Rispuosemi: «Così com’io t’amai
nel mortal corpo, così t’amo sciolta: però m’arresto; ma tu perché vai?». |
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«Casella mio, per tornar altra volta là dov’io son, fo io questo viaggio», diss’io; «ma a te com’è tanta ora tolta?» |
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Ed elli a me: «Nessun m’è fatto oltraggio, se quei che leva quando e cui li piace,
più volte m’ha negato esto passaggio; |
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ché di giusto voler lo suo si face: veramente da tre mesi elli ha tolto chi ha voluto intrar, con tutta pace. |
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Ond’io, ch’era ora a la marina vòlto dove l’acqua di Tevero s’insala, benignamente fu’ da lui ricolto. |
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A quella foce ha elli or dritta l’ala, però che sempre quivi si ricoglie qual verso Acheronte non si cala». |
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E io: «Se nuova legge non ti toglie memoria o uso a l’amoroso canto che mi solea quetar tutte mie doglie, |
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di ciò ti piaccia consolare alquanto l’anima mia, che, con la sua persona venendo qui, è affannata tanto!». |
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Amor che ne la mente mi ragiona
cominciò elli allor sì dolcemente, che la dolcezza ancor dentro mi suona. |
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Lo mio maestro e io e quella gente ch’eran con lui parevan sì contenti, come a nessun toccasse altro la mente. |
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Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto gridando: «Che è ciò, spiriti lenti? |
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qual negligenza, quale stare è questo? Correte al monte a spogliarvi lo scoglio ch’esser non lascia a voi Dio manifesto». |
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Come quando, cogliendo biado o loglio, li colombi adunati a la pastura, queti, sanza mostrar l’usato orgoglio, |
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se cosa appare ond’elli abbian paura, subitamente lasciano star l’esca, perch’assaliti son da maggior cura; |
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così vid’io quella masnada fresca lasciar lo canto, e fuggir ver’ la costa, com’om che va, né sa dove riesca: |
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né la nostra partita fu men tosta. |
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subitamente là onde l’avelse. |
Commento |
Il Canto è strutturalmente diviso in due parti, che corrispondono all'arrivo dell'angelo nocchiero con la barca dei penitenti e all'incontro col musico Casella, che si conclude col rimprovero di Catone che, come si vedrà, non è privo di significato allegorico. |